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di Giulia Bartolini

 

Live Report

Milano, 11 dicembre 2016

Vado, non vado, vado, non vado… ok vado. Arrivo all’Alcatraz e già da metà via Valtellina inizio ad avvistare un fiume di gente. Wow, ma suona Calcutta o gli Strokes? L’ultima volta che l’ho visto era al Mi Ami, sulla montagnetta e… ecco, mi sembra abbastanza surreale. Mentre mi interrogo se tutto questo è bene o male, entro nel locale.

Mi infilo tra la gente e arrivo sotto il palco, dove i miei compari fotografi sono già appostati per fotografare Giovanni Truppi (pianista e cantautore). Non male, un suono deciso e un cantautorato parlato e molto ironico che stranisce abbastanza il pubblico di Calcutta. Truppi lascia il palco, accendono le luci e inizia già a sentirsi un frenetico parlottio (per la maggior parte femminile) che inizia a intonare qualche nota di “Oroscopo”. Mentre aspetto che le luci si spengano, una ragazza in transenna sviene (ma sono a un concerto di Calcutta? Boh.)

Il palco è pronto e il cantautore romano sale sul palco, solita mise composta da K-Way e cappellino, saluta, manda baci e inizia a cantare “Frosinone”. Da subito si capisce quanto sia sentito dal pubblico, lui canta ma la voce principale arriva dall’Alcatraz sold-out. Sul palco non risulta scazzato come mi era successo di leggere in giro, in realtà visto da così vicino mi è sembrato molto agitato, probabilmente anche lui abbastanza stranito da tutto questo successo.

Il pubblico continua a urlare i testi delle sue canzoni, e viene placato solo dall’inserimento di “pezzi vecchi” perché come dice Edoardo D’Erme  “se suonassimo solo il disco il concerto durerebbe 20 minuti”. Sì, perché ha fatto solo un disco, e un EP… e ha fatto sold-out all’Alcatraz. Continuo a non capire se questa cosa mi fa piacere o meno…

Tre pezzi e basta foto, vado in mezzo al pubblico (quanto mai) e finisco di vedere lo spettacolo. Sarà che inizio a non sopportare più la tecnologia, sarà che davanti a me vedo solo cellulari illuminati di ragazzine esaltate che si occupavano solo ed esclusivamente delle loro instagram stories e dei loro follower, ma io il concerto non me lo sono goduto per nulla. L’ho trovato abbastanza noioso, nonostante qualche battuta simpatica fatta da Calcutta e la scritta illuminata accanto alla batteria con scritto BACI (sì, perché Calcutta manda baci di vario tipo in ogni suo post social). Mi ricredo però sul “ è stonato come una campana”. Non è vero, ok, non ha una voce da brivido, però ha cantato bene, questo non lo nego.

Prima di uscire per il bis, avverte che “ora ce ne andiamo, voi urlate “FUORI” e io torno, non vi preoccupate”. Esce, il pubblico inizia a urlare e in tempo record torna sul palco, fa ancora un paio di pezzi vecchi e conclude con “Oroscopo” il singolo più conosciuto, (pezzo che viene presentato dal commentatore sportivo Pierluigi Pardo che viene invitato a salire sul palco). Ammetto che live, non mi ha per nulla entusiasmata (in cuffia invece mi ha sempre divertito). Esce, e fa un secondo rientro, con “Natalios” e un bis di “Cosa mi manchi a fare” suonata a luci accese.

Mi capita raramente di non provare alcuna emozione durante un live, ma questa volta ci sono riuscita. Colpa di chi? Questo non lo so, le serate no capitano a tutti. Concludo dicendo che, Calcutta ok. Però me lo ascolto in cuffia.

Giulia Bartolini