Dopo aver segnato l’educazione sentimentale di una generazione di adolescenti di provincia, i Non Voglio Che Clara erano scomparsi da qualche anno. Li ascoltavamo quando c’erano i lettori mp3 a pennetta, quando non c’erano le playlist Spotify e prima che potessimo concepire il Coronavirus. Quest’anno sono tornati con “Superspleen vol.1”, uscito per Dischi Sotterranei. Un disco che ci ha portato indietro, e non potevamo chiedere di meglio.

Gli esordi

È il 2004 quando tutto sembra cominciare, l’anno che segna l’affermazione nel panorama musicale italiano dei Non Voglio Che Clara con la pubblicazione del loro primissimo album “Hotel Tivoli”. Sette tracce, una delle quali è una reinterpretazione de L’ultima occasione di Mina, a segnalare una decisa dichiarazione di poetica da parte della band bellunese. Non è un caso che già dai primi due EP (“EP” del 2001 e “Caffè Cortina” del 2003) si notasse la forte influenza del grande cantautorato italiano, risolta in sonorità prevalentemente acustiche, con pianoforti, chitarre, archi, che li ha portati con il tempo ad essere accostati dalla critica a nomi quali Tenco, Bindi, con inconfondibili richiami ai brani di Battisti/Mogol o De Andrè. Nel frattempo si comincia a parlare di terrorismo e i Marlene Kuntz stanno facendo i primi scivoloni.

Il disco omonimo

Nonostante il nome del gruppo, come spiegano loro stessi, significhi “voglio Clara e nessun’altra”, il riferimento era inizialmente alla frase “non voglio che Clara si sposi”, tratta da “La Prosivendola” di Pennac, un romanzo privo di bussola, al limite del surrealismo; è inevitabile notare come questa velata citazione apra un mondo di sfumature interpretative sulla produzione artistica della band: due anni dopo la pubblicazione del primo album, esce “Non Voglio Che Clara”, un disco definito da loro stessi “sul disincanto”, un concentrato di malinconico sentimento in un italiano limato e cesellato.

La poetica vena nostalgica che tanto li caratterizza è forse determinante nella scelta di rendere disponibile solo in vinile 7’’ “Bene/Non torneranno più”, nel 2007: il singolo contiene una reinterpretazione del brano di Francesco DeGregori e un inedito. Con ogni pubblicazione confermano quindi quella che era stata la loro inclinazione iniziale: porsi sulla scia del tricolore anni Sessanta, omaggiandolo e rinnovandone l’eredità.

Il terzo album

“Dei Cani” è il terzo album in studio, pubblicato nel 2010. Non stupisce notare come i riferimenti letterari costituiscano nuovamente una chiave interpretativa della loro produzione musicale: le undici tracce rappresentano il racconto scomposto di una stagione terribile, lette sotto l’insegna della ricorrente figura del cane nella poesia di Majakovskij, il poeta della rivoluzione russa, ma anche il poeta della rivoluzione artistica e poetica, in una costante lotta contro il vecchiume della cultura del passato.

“L’amore finché dura” e “Superslpeen Vol.1”

Ci salutano nel 2014 con il quarto album “L’amore finché dura”, che vede la collaborazione di Giulio Ragno Favero e la partecipazione anche di Rodrigo D’Erasmo (Afterhours) e Paola Colombo (Dilaila). Li aspettavamo con questo spirito, fino al 28 febbraio, giorno d’uscita del quinto album “Superspleen Vol.1″: dieci tracce che toccano nuovi orizzonti stilistici, segnati da una maturità che non abbandona però le caratteristiche del passato. Un disco intenso, calmo, intimo, imperdibile, che stiamo amando in quarantena.