Milano, 21 ottobre 2017

È soprattutto una questione di musica. Ma anche di immagine, di approccio, di filtro. Vanarin da una parte, New Candys dall’altra. L’estro variopinto dei bergamaschi contro la risma monocromatica dei veneziani. I live di sabato sera al Circolo Ohibò di Milano hanno colorato gli sguardi di tinte discordanti. Il risultato è un pugno nell’occhio, una camicia arcobaleno abbinata a una giacca nera. Che non è un male, anzi. Perché è dallo scontro che nascono le idee. Per non dire le rivoluzioni. Qui, però, più che di sommosse e tumulti, è meglio parlare di piacevoli brividi da barricaderi di ultima generazione. Ognuno a suo modo, con in braccio le armi a cui sono più avvezzi, Vanarin e New Candys combattono le loro personalissime battaglie per uscire dal mucchio.

Partiamo dai Vanarin, seconda band a esibirsi sul palco dell’Ohibò dopo l’apertura affidata agli Usual (al quale purtroppo non abbiamo assistito). Il gruppo bergamasco ha all’attivo un Ep omonimo. Eppure solo questo basterebbe a dimostrare fin dal primo ascolto di che pasta siano fatti i nostri. Ma se all’ottimo lavoro in studio si associa l’esperienza live, ci si rende davvero conto di quanto sia difficile, in Italia, imbattersi in una band di questo livello. Il polistrumentista inglese David Paysden, Marco Sciacqua (basso), Giuseppe Chiara (già turnista dei Verdena), Massimo Mantovani e Marco Brena danno vita a un sound che è complicato riassumere in una sola etichetta. Il loro concerto non è soltanto una prova di maestria, ma una spremuta multivitaminica di suoni e suggestioni. Si va da certa psichedelia soft di fine ’70, a ritmi più incalzanti, quasi funky, fino al prog più divertito e divertente. La formula è talmente ricca, variopinta appunto, che se in un primo momento sembra di essere di fronte a una versione riaggiornata dei Genesis di “Duke”, un istante dopo ci si ritrova catapultati in atmosfere alla Wings. Qualcosa che oltreoceano viaggia dalle parti dei fenomenali Lemon Twigs.

I New Candys, headliner della serata, sebbene altrettanto giovani, sono una band più navigata e posata. Fin dal 2008 rappresentano la perfetta incarnazione italica dei Black Rebel Motorcycle Club. Niente a che fare con i colori vivaci dei Vanarin. Via tutte le sfumature, dunque. Via l’impalcatura brit e il manierismo McCartneyano. Le tonalità si fanno più basse e l’atmosfera più cupa. Lo sguardo non galoppa più oltre la collina, verso traguardi sconosciuti e meravigliosi, ma è rivolto a terra, dove tutto è più nero, la fronte calamitata dai mondi sotterranei. Le canzoni dei New Candys, in buona parte tratte dall’ultimo egregio album “Bleeding Magenta”, sono cavalcate noise di impronta dark, che fanno della ripetizione un punto di forza. Roba che se chiudi gli occhi ti ritrovi lungo un’autostrada dritta e buia, solo e senza via d’uscita. Le chitarre di Fernando Nuti e Diego Menegaldo, il basso di Stefano Bidoggia e la batteria di Dario Lucchesi alternano scariche di rabbia a momenti di quiete dopo la tempesta. Non c’è dubbio che anche il gruppo veneto riesca nell’intento di superare i ristretti confini dell’indie italiano, scartando di lato tutto ciò che appare ammiccante e radiofonico.

La serata si chiude con una vittoria per entrambi gli schieramenti. Piccoli, ma importantissimi successi conquistati su fronti diversi e che lasciano ben sperare per gli anni a venire. Allora avanti tutta: più lo spazio si allarga all’orizzonte, più il cabotaggio si espande oltre i limiti di sicurezza. Ed è soltanto un bene.

Paolo Ferrari