Icona degli anni 90, con la sue pettinature bizzare e quelle mosse tarantolate, ci ha lasciati Keith Flith, frontman dei britannici Prodigy. Aveva 49 anni Keith Flint, è stato trovato morto nella sua casa di campagna nell’Essex. Per il momento la polizia non sta trattando il caso come sospetto. Secondo l’amico e compagno di band Liam Howlett (post instagram sotto), cofondatore della band, Flith «si sarebbe tolto la vita», versione che per ora non viene confermata da fonti ufficiali.
Morto Keith Flint: voce dei Prodigy
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Nasce a Braintree, una piccola cittadina di circa 40 mila abitanti, e l’illuminazione musicale arriva sul finire degli anni 80 quando incontra il DJ Liam Howlett ad un rave party. Da quell’incontro nacquero i Prodigy, sconosciuti ai più proprio finchè Keith Flint resta relegato al ruolo di ballerino.
Nel ’96 invece gli viene data la possibilità di cantare, il pezzo si chiama Firestarter e segnerà una svolta nella storia della band, che da lì in poi si imporrà tra le realtà del panorama alternativo inglese, già di per sé, tra i più azzardati nel mondo. Big Beat, Techno, Hard Core, i Prodigy non si risparmiano e Flint diventa un’icona del clubbing mondiale e della band diventerà anche il simbolo, grazie al suo look inconfondibile: capelli tinti acconciati come corna colorate di un diavolo, tatuaggi ovunque, occhi spiritati.
Il loro disco Fat of the Land, resterà nella storia, come una pietra miliare di genere. Un vero cross over di TripHop, House ed electronica.

Smemorato sognatore incallito in continua ricerca di musica bella da colarmi nelle orecchie. Frequento questo postaccio dal 1998…
I miei 3 locali preferiti:
Bloom (Mezzago), Santeria Social Club(Milano), Circolo Gagarin (Busto Arsizio)
Il primo disco che ho comprato:
Musicasetta di “Appetite for Distruction” dei Guns & Roses
Il primo disco che avrei voluto comprare:
“Blissard” dei Motorpsycho
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Parafrasando John Fante, spesso mi sento sopraffatto dalla consapevolezza del patetico destino dell’uomo, del terribile significato della sua presenza. Ma poi metto in cuffia un disco bello e intuisco il coraggio dell’umanità e, perchè no, mi sento anche quasi contento di farne parte.