Dietro al nome di Legno si nasconde in realtà un duo al primo album, ma troppo sgamato per essere composto da ragazzini esordienti che non sanno che cosa fanno. Dietro al nome di Legno ci sono due ragazzi misteriosi con delle maschere altrettanto misteriose a forma di scatola, che non si tolgono neanche durante le interviste (speriamo che si concedano una pausa nel privato!). E se state pensando ai grandi fenomeni sforna-hype sul filone di Myss Keta e Liberato siete fuori strada: il fatto che non si conosca l’identità di questi due ragazzi dall’accento fortemente toscano non è il centro di questo progetto, anzi, solo un contorno estetico che invece lascia spazio a brani dalla spinta irresistibilmente pop, ex che si ritrovano su Tinder, mesi particolarmente freddi e dipendenze affettive. Dietro al nome di Legno c’è un progetto musicale che fa parlare di sè, senza stra-parlare (per fortuna!), che circola silenziosamente nelle playlist Spotify, che si sta consolidando, e che tutti si sono ritrovati a canticchiare almeno una volta negli ultimi mesi.
Un album che procede bene brano dopo brano, che sa quando concedersi un ritornello con i na na na e non sbaglia mai, che lascia addosso la sensazione dei giorni di pioggia che si passano tristemente in casa al computer, ad accumulare i pensieri. È la generazione che ha consumato i brani degli 883, che si contamina con i vecchi dischi particolarmente tristi di Venditti e che si adagia agli scenari urban che mancano ai The Giornalisti ma che può ben vantare la scena it-pop più underground. Routine, tristezza generale, l’amore che fa stare male e poi bene, e poi male di nuovo, le strade deserte, l’ennesimo gin. Un mix unico, ben calibrato e magnetico.
C’è chi ondeggia su movenze pop perchè va di moda, chi pensa di essere il nuovo Calcutta, chi è sulla copertina di Indie Italia e allora è fatta, chi balla su note tristi perchè non ha idea di cosa stia cantando davvero, e chi invece la malinconia e i sei così bella come una poesia di Baudelaire ce li ha dentro davvero, e non può fare a meno di buttarli fuori. Uno dei pochi progetti di quel cosiddetto e dilagante it-pop che è sincero al cento per cento, così autentico da conquistare anche i più scettici, di questo 2019 già particolarmente saturo. Questo debut album dei Legno sarà il guilty pleasure preferito di tutti i musicofili integralisti: per tutti i fan dei film d’autore che danno di notte al Beltrade di Milano, e che vogliono concedersi una commedia romantica.