“Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo – tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso”. Mangio biscotti al burro e riscopro questa frase di Pavese in un giovedì sera in cui il cielo si gonfia di nuvole biancastre e singhiozza qualche goccia fuori dalla mia finestra. Sul piatto giro lento No Countries, il secondo EP di tale Patrick O’Laoghaire, in arte I Have a Tribe. Non vi inganni l’aspetto hypster, il ragazzo suona un delizioso folk denso di lirismo tra Fanfarlo e i fratelli Butler. Canzoni ideali per una passeggiata a capo chino, a zig zag tra le pozzanghere di quel che eri e di quel che forse non sarai mai. Pace. Il disco parte con una ballata onirica luccicante: “The Medicine from Calgary”, una vera e proprio lezione di crescendo per prendere il volo dai sentierini di piano e voce e ritrovarsi a ruzzolare in sconfinate distese sinfoniche, storditi dai benifici di questa conclamata panacea. Tutto scorre come deve, si avanza lemmi, “No Countries, Just Animals” e “Tribal” sono due composizioni che sanno attingere dalle lezioni del vecchio zio Tom Waits, impreziosite dalla produzione sapiente di un Rob Ellis (PJ Harvey/Anna Calvi) in stato di grazia. Non manca qualche sospiro per un’amore lasciato scappare “Lungs”, un ricordo accantonato per mesi in un angolino polveroso di un monolocale e d’imporovviso celebrato con una ritualità spiazzante, a tratti quasi grottesca. Poi tutti a casa benedizione finale: “Psalm”. Un carillon spettrale porta alla galla tutto e ci si ritrova a galleggiare a pancia in su in un giorno del giudizio qualsiasi. Ci si riscopre a sorridere, alla fine, sperando non sia una smorfia, confini labili. Certe volte.
Tum Vecchio
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Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.