Tra Giovanni Lindo Ferretti e Patty Pravo, la collaborazione tra i pesi massimi Edda e Gianni “Marok” Maroccolo ha partorito un prodotto dai suoni saturi Anni ’90 (che poi non erano altro che una rivisitazione del rock Anni ’70), ma con contorni melliflui e sinuosi che ne spostano il cromatismo dal rosso fuoco al giallo banana. Pertanto, nelle 11 tracce qui presenti, non troviamo alcuna sorpresa, ma tante ottime conferme.
Testi e immaginario sono da milanesi nati tra gli Anni ’60 e ’70, e sgorgano come un flusso di coscienza, senza prendere le parti o emettere sentenze, o forse facendo tutte e due le cose. Ragionare su certi temi è come leggere il futuro nel fondo delle tazzine del caffè, quindi meglio osservare la superficie dell’acqua senza infilare la testa in apnea. Il ritmo è spesso languido, come avrete intuito, ma a volte drammatico: la pace scovata nello Xanax e non non nello yoga. L’andamento è da mezza età, un rock travestito da trip hop ascoltato in un weekend di giugno.
Noio, in mezzo a questo canovaccio, spezza il ritmo a metà traccia, trottando come certi stacchi tipici dell’hardcore punk di fine Anni ’80. Ne esce fuori qualcosa di lodevole: davvero una canzone di gran fattura. Bebigionson, invece, mette in scena Franco Battiato che coverizza il Bennato più rock, ed è il pezzo duro del disco. Salvo queste due parentesi, il resto della proposta è soffice come un divano del Pascià.
Stai Zitta sembra una collaborazione ben riuscita tra i PGR e Vasco Rossi, e funziona. Decenni di carriera nella canzone italiana, d’altra parte, non possono che portare a buoni risultati. Madonnina è Caterina Caselli sbiancata nell’acido, una versione cubista degli arabeschi del pop psichdelico Anni ’60, un tessuto art deco pixelato da una sensibilità krauta.
Achille Lauro cita il (mersey)beat dei “capelloni” e assomiglia anche ai primi Flaming Lips. Sognando e Mantirno sono ballate liquide da borghese in cerca di esotismo e guerriglia, colonne sonore per sogni drogati e ambizioni patetiche. La conclusiva Castelli di Sabbia sigilla “Noio; volevam suonar.” evocando l’elitismo rock che con un file rouge unisce “Tutti Morimmo A Stento” a “Marquee Moon”. Levante scansati, il “re è nudo”, e non se ne vergogna.
Alessandro Scotti

Mi racconto in una frase: vengo dal Piemonte del Sud
Il primo disco che ho comprato: “New Picnic Time” dei Pere Ubu è il primo disco che ho comprato e che mi ha segnato. Non è il primo in assoluto ma facciamo finta di sì.
Il primo disco che avrei voluto comprare: qualcosa dei Pink Floyd, non ricordo cosa però.
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: la foto della famiglia di mia madre è in un museo, mia madre è quella in fasce.