Nel dare libero sfogo alla propria personalità, Alosi, già leader della più famosa band siciliana in ambito rock, Il Pan del Diavolo, ha dimostrato grande coraggio. Ha infatti deciso di incidere un bel disco, ma che oggi come oggi è completamente fuori moda. Un disco di classico rock italiano, all’interno del quale Alosi svela il suo viscerale amore per artisti che, pur avendo fatto la storia del genere in Italia, sono purtroppo bistrattati, tacciati di poca originalità nel migliore dei casi o di buzzurraggine nel peggiore.
L’esordio di Alosi si prende invece la briga di ridare visibilità a questo modo di suonare rock anche ad un pubblico diverso, al pubblico della scena indie alternativa dalla quale il nostro proviene. L’inizio, affidato alla title track, mette subito in chiaro le cose: è infatti un inno nostalgico in cui non è troppo difficile sentirci i Negrita più sanguigni, quelli pre svolta latina. Un bassone new wave fa da fondamenta a 666, un brano teso e tirato che verso il finale sprigiona un liberatorio solo noise. Hotel, attraverso l’utilizzo di immagini crude, narra il mito immortale del rock’n’roll, mentre La mia vita in tre accordi, ricordando il primissimo Ligabue, si esalta nell’anthem da cantare a squarciagola: “Non sto aspettando un miracolo”.
Imparare a cadere è una canzone graffiante che non può non riportare alla mente i Litfiba degli anni Ottanta, soprattutto nel finale in cui il rocker siculo urla “cadere”, omaggio esplicito al “volo, volo, cado” del classico Re del silenzio della band fiorentina. Rumore e Di nuovo sono due ballate: la prima per pianoforte, la seconda più classicamente rock. Destinazione Marte è grunge italiota (il riferimento qui potrebbe essere il Grignani de “La fabbrica di plastica”), mentre in Comete le muse sono i Marlene Kuntz d’inizio terzo millennio, quelli grezzi ma melodici.
Il finale è affidato invece a un brano in cui il nostro decide comunque di non rinnegare completamente il proprio passato, quello da leader de Il Pan del Diavolo. Solo e vivo è infatti una western ballad di grande effetto, ottima per trasportare l’ascoltatore verso la fine del viaggio.
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman