C’è un suono che emerge dal dolore, non per fuggirlo, ma per abitarlo. È il suono che attraversa Alan Sparhawk with Trampled by Turtles, un disco che non cerca consolazione, ma presenza. Quella di Alan, voce e cuore dei Low, e quella del vuoto lasciato da Mimi Parker, sua compagna d’arte e di vita, morta di cancro nel 2022. In questo album, registrato tredici mesi dopo la sua scomparsa insieme agli amici di lunga data Trampled by Turtles, Sparhawk non prova a ricostruire ciò che è stato. Piuttosto, si aggrappa al dolore come a una radice, e ne fa musica viva.

Registrato in due giorni nei leggendari Pachyderm Studios del Minnesota, il disco raccoglie nove brani, tra cui tre abbozzati con Parker e mai conclusi, due provenienti dal suo recente solo album White Roses, My God e altri quattro scritti nel vortice del lutto. Ma se White Roses distorceva la voce fino a sbriciolarla tra glitch e synth, qui Sparhawk canta nudo, diretto, con quella voce ruvida e umana che si appoggia ai cori solidali dei Trampled by Turtles. Il suono è acustico, terroso, ma mai manierista: il bluegrass della band si piega e si apre per contenere l’intimità straziante di chi cerca di sopravvivere a un amore irripetibile.

Il cuore narrativo del disco è Screaming Song, posizionata a metà tracklist. È il momento più crudo, uno sfogo retto sulla linea sottile tra confessione e catarsi. “I thought I would never stop screaming,” canta Sparhawk, la voce tremante su una melodia che si fa via via più urgente. Il violino di Ryan Young ulula al posto suo, come a liberarlo dalla necessità di spiegare il dolore. È una delle performance più intense mai incise dai Turtles, una riscoperta della loro vena più emotiva e viscerale.
Brani come Don’t Take Your Light raccontano il vuoto lasciato dall’altro. È un pezzo lungo, quasi ipnotico, dove la ripetizione assume un significato rituale. Sparhawk ammette: “I can feel nothing / I feel everything”. Non c’è conforto, solo la consapevolezza che la luce che ci ha guidati può spegnersi, lasciandoci a vagare in una nuova geografia dell’esistenza. Eppure, nel dolore, c’è anche una traccia di memoria condivisa, quasi una via d’uscita. I tre brani nati con Parker — Too High, Princess Road Surgery e Not Broken — aprono un altro registro, fatto di ironia tenera e dolci memorie. Too High è un battibecco affettuoso tra amanti, suonato con complicità. Princess Road Surgery, invece, affronta con sarcasmo l’inadeguatezza della vita stessa, come una risata stanca davanti all’assurdo.
Ma è Not Broken il momento più toccante del disco. Non solo per ciò che rappresenta — un brano co-scritto con Parker — ma perché al microfono, accanto ad Alan, c’è la loro figlia Hollis. Dopo aver vissuto i Low da dietro le quinte per anni, la sua voce emerge chiara e giovane: “It’s not broken”, canta, e il padre le risponde. È una scena familiare trasformata in preghiera collettiva. I Turtles accompagnano con tocco leggero, come a non voler disturbare il miracolo emotivo che si compie.

Sparhawk è sempre stato un musicista radicale, ma raramente così vulnerabile. In questo disco non smonta il suono, come aveva fatto con Low, ma lo carica di una nuova necessità: quella di sopravvivere. Con l’aiuto degli amici, costruisce un ponte tra ciò che era e ciò che, forse, potrà ancora essere. Alan Sparhawk with Trampled by Turtles non è solo un omaggio o un atto terapeutico: è un atto d’amore continuo, un disco che guarda il dolore negli occhi e ci invita a restare.

Voto: 9/10
Per chi crede che la musica possa ancora salvarci o almeno tenerci in piedi.