Il BIKO mercoledì sera era pieno, ancora infreddoliti per la lunga coda stavamo aspettando l’inizio del concerto. Alle 22.45 il palco è vuoto ma una tastiera programmata inizia a suonare: su questa melodia elettronica i Balthazar salgono sul palco e attaccano Decency. Sono vestiti di nero, in modo essenziale e hanno un’aria da dandy romantici: il loro aspetto ricorda la loro musica scarna, malinconica e avvolgente. Queste qualità dal vivo sono fantasticamente valorizzate e, sebbene siano in cinque con tanto di violino, tastiere e cori, il loro indie pop resta elegantemente minimale e la calda cupezza dei loro brani ne trae giovamento soprattutto grazie alle belle voci dei due cantanti e alla compattissima sezione rimica: infatti sono proprio batteria e basso a sostenere il lento incidere dei brani e a regalare il caratteristico mood alla band belga.
Un’altra caratteristica della band è la semplicità di alcune trovate: pochi elementi ma ben disposti, selezionati con cura e soppesati all’interno del canzone creano un fantastico equilibrio nelle canzoni. A volte questa scelta è però portata alle estreme conseguenze, due esempi su tutti sono l’intro di Nightclub, costituita da un banalissimo ritmo in 4/4 scandito da basso e batteria protratto per un tempo esagerato, o un’improbabile assolo di violino, consistito semplicemente nel pizzicare per un minuto la stessa identica nota: queste dimostrazioni di anti-virtuosismo riescono a non risultare forzate o pretenziose ma conquistano ed esaltano il pubblico.
La vera sorpresa della serata non è l’innegabile bravura della band o la bellezza crepuscolare della loro musica, ma la scoperta che i Balthazar in realtà sono degli inguaribili cazzoni: fin da subito li sgami nei momenti strumentali si appartano a sparare stronzate con il batterista, poi noti che Maarten Devoldere si nasconde dietro le quinte a fumare e tracanna birra per tutto lo show, a metà concerto sfottono i fonici definendoli “International DJs”, prima dei bis provano a convincerti che chiuderanno con Bohemian Rapsody, ma il momento di vera estasi è quello della fine del concerto. O meglio: della fine del concerto e quindi del tour. Cos’hanno fatto? In un momento di euforia, mentre il bassista faceva suonare il pubblico al suo posto, i cantanti hanno inizato a regalare al pubblico qualsiasi puttanata gli capitasse a tiro: aste del microfono, bottigliette d’acqua mezze piene, una chitarra acustica, una pigotta (?!), i piatti della batteria,… Beh, niente male, niente male davvero.
Paolo Milianiello
Foto di Silvaconlaesse

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.