Un mix ottimamente calcolato fra la melodia e la struttura geometrica dei brani degli Strokes, unito al groove irresistibile dei Bloc Party: questi i primi nomi che vengono in mente durante l’ascolto dell’esordio dei Long White Clouds.
Stiamo quindi parlando di sola nostalgia indie d’inizio millennio? Fortunatamente no. La voce sicura ma allo stesso tempo fragile del leader Andrew Burch esprime infatti molto di più; nella sua voce c’è tristezza, forza, gioia, malinconia. Tutto insieme.
“Aeroplanes” è il primo full length di una compagine estremamente eterogenea. La formazione comprende infatti un neozelandese a voce, chitarra e composizione (Long White Clouds non a caso è come viene chiamata la sua terra d’origine in lingua maori), uno statunitense alla batteria e due bergamaschi alle corde restanti.
Le otto canzoni qui presenti sono incise per Edoné Dischi (e qui Bergamo diventa per forza di cose protagonista) e presentano le varie emozioni sopra elencate attraverso ritornelli irresistibili (Breathing Sunlight, Get a Grip, The Decider, Nothingness), ritmiche che non possono farti restare fermo (Creeping On My Social, In With a Grin), un brano gracile e bellissimo come Ask Me e un finale unplugged inaspettato con Playing Dead.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman