Siamo sinceri. L’attesa attorno a un nuovo album dei Dropkick Murphys è ormai pari allo zero. La band simbolo dell’unione fra punk, stadium rock e sonorità irlandesi non pubblica un disco degno della sua storia da quel “The Meanest of Times” che già nel lontano 2007 sembrava essere un compendio di carriera. Lì tutto era già stato detto (e anche fatto: dalle scazzottate con i fascisti sul palco, alle colonne sonore per Martin Scorsese in onore della propria città, Boston). Ma nel caso di “This Machine Still Kills Fascists”, uscito l’anno scorso per Dummy Luck Music, c’era una leggera curiosità dovuta soprattutto al sottotitolo del progetto: “Lyrics by Woody Guthrie”.
È stata direttamente Nora, la figlia del grande folksinger, ad aprire l’archivio del padre per la band di Ken Casey (ora che l’altro frontman Al Barr è momentaneamente fuori dai giochi a causa di problemi familiari). In questo modo i Dropkick Murphys si sono aggiunti alla selezionata e altisonante lista degli artisti che hanno avuto il privilegio di usare le parole di Mr. This Land Is Your Land: Bob Dylan, Billy Bragg e Wilco. Un’altra gradita novità per i Dropkick Murphys è il fatto che “This Machine Still Kills Fascists” sia un album completamente acustico.
Ma alla fine com’é? Breve, veloce, denso, con picchi come gli anthem Two 6’s Upside Down, Ten Times More ed All You Fonies che non hanno bisogno di elettricità per esprimere tutta la loro sgraziata potenza; belle chicche legate ai fifties americani come Talking Jukebox e Cadillac, Cadillac; la forse evitabile ripresa di stilemi irish nelle ballad Never Get Drunk No More, The Last One e Waters Are A’Risin, come anche nella più apprezzabile foga di Where Trouble Is At. La conclusiva Dig a Hole con tanto di duetto impossibile direttamente con l’autore dei versi, qualche lacrima infine la lascia sfuggire.
Un ritorno non completamente all’altezza dei fasti di tre lustri fa, ma che finalmente segna un apprezzabile e riuscito cambio di rotta rispetto a una formula che aveva cominciato un po’ a stancare. Speriamo non sia però solamente una mosca bianca in mezzo alla loro discografia dovuta all’occasione.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman