“I piatti mangian le chitarre”. Un po’ come a dire che il rumore vince sulla melodia… E non è quindi un caso che questa espressione sia stata coniata parecchi anni or sono da un certo signor Lou Reed per descrivere le sonorità della sua vecchia creatura chiamata Velvet Underground.

Questo stesso modo di dire è stato poi definitivamente rubato nove anni fa da una giovane promessa del rock alternativo a stelle e strisce, che ha pensato bene che le tre parole “Cymbals Eat Guitars” potessero funzionare a meraviglia come nome per la sua band.

Ma veniamo ai giorni nostri. Joseph D’Agostino, leader del gruppo e unico membro presente sin dalle origini, ha deciso di regalarci con questo quarto lavoro il suo album più melodico, vario, sfaccettato e meno rumoroso, quasi quasi (ma ditelo in silenzio) più mainstream.

“Pretty Years” si giova ancora d’amore spassionato per i Pavement e per i Nineties in generale (ma come per la buona musica tutta, alla fin fine), ma cercando di lasciarsi per una volta alle spalle il puro rumore di scuola shoegaze. Il risultato? Uno dei punti più alti mai raggiunti dalla band di Staten Island, New York City, centro del mondo.

Dieci tracce, dieci belle canzoni con vette artistiche nella doppietta “4th of July, Philadelphia (Sandy)” (a proposito, guardatevi qui sotto il video “tributo” a Bob Dylan) e nell’emocore di scuola Jawbreaker / Fugazi di “Beam”; nel resto ci potete trovare di tutto, dal Boss ai Bloc Party al free jazz. Ascoltate, quindi, e innamoratevi della bellissima voce di D’Agostino, sorta di mix fra Fat Mike e Tom Waits.

Andrea Manenti

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