Sabato 4 novembre, la Festa del Cinema di Roma si è conclusa con la proiezione del nuovo film di Paolo Genovese, The Place, che da giovedì trovate anche nei vari cinema italiani. È spirato alla serie TV americana The Booth at The End.
Tutto ruota intorno a un luogo, un tavolo, una persona. Un gruppo di personaggi – interpretati da un cast all’altezza: Marco Giallini, Rocco Papaleo, Vinicio Marchioni, Silvio Muccino, Alessandro Borghi, Vittoria Puccini, Sabrina Ferilli, Silvia D’Amico, Giulia Lazzarini, Alba Rohrwacher – ruota intorno a una figura misteriosa interpretata da Valerio Mastandrea. Vanno da lui in virtù della loro disperazione, chi sta perdendo un figlio, chi un marito, chi la fede, chi l’amore, chi se stesso, e sono disposti addirittura a infrangere le più rigide regole della morale per ottenere ciò che desiderano. The Place è proprio il bar dove avvengono gli incontri, una sorta di inferno dantesco dove ognuno deve affrontare il proprio girone, scontrandosi con la parte più oscura della propria anima.
È certamente un film ambizioso che vuole mettere in discussione chiunque lo guardi. Vuole sospendere il giudizio delle singole azioni che vengono proposte, perché se noi ci trovassimo lì saremmo davvero così impeccabili come potremmo sentenziare? La possibilità di avere una possibilità alla tragicità della vita che stiamo vivendo non ci instillerebbe il dubbio anche a noi di provare? “Quanto siamo disposti ad alzare l’asticella della nostra moralità?”, questo è il quesito che ci viene proposto dal regista. Sappiamo tutti che uccidere è deprecabile, ma se uccidere qualcuno comportasse di salvare la vita di un figlio?
L’attenzione del personaggio di Mastandrea è fissa sui dettagli, a differenza del moralismo che li ignora e condanna direttamente l’azione in se stessa. E tutto il racconto è vissuto tramite i dettagli che ci vengono forniti dai singoli personaggi. A ogni azione corrisponde una reazione e a ogni decisione il contrappasso sarà proporzionato alla volontà di soddisfare il proprio desiderio.
Le trame si intrecciano e si sciolgono, lasciando lo spettatore con un po’ di amaro in bocca e tanti quesiti.
Genovese mostra coraggio e riesce a far appassionare e a far riflettere, proprio come aveva fatto con Perfetti Sconosciuti.
Stefania Fausto
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.