Il black metal non è mai stato solo un semplice fenomeno musicale. Anche i più accaniti fan di Mayhem, Darkthrone o Gorgoroth ammetteranno che i suoi adepti sono stati anche figure anti-establishment che hanno fatto tremare il cristianesimo nord europeo nello stesso modo in cui il punk-rock si è scagliato contro Reagan e la Thatcher. Non c’è da stupirsi quindi del fatto che “Lords of Chaos”, tratto dal besteller di Moynihan e Søderlind del 1998, non sia un film su un genere musicale, ma sul rapporto tra Euronymous (Rory Culkin) e Burzum – Varg Vikernes (Emory Cohen). Una storia di adorazione e incitamento, prima ad esplorare i limiti di una musica estrema, poi quelli della follia, fino a concludersi con la morte di Euronymous per mano di Varg.
Diretto da Jonas Åkerlund, ex-batterista per un brevissimo periodo dei Bathory, band culto del black-metal (ma anche vincitore di un Grammy per il video musicale di Ray of Light di Madonna), “Lords of Chaos” non è e non sarà un film cult per i fan del “True Norwegian Black Metal“, ma non sarà nemmeno un film glam, nonostante Sky Ferreira tra il cast. I puristi obietteranno che un fenomeno tipicamente norvegese rappresentato da attori americani non merita riconscimenti, ma Åkerlund riesce in un approccio a una materia difficilissima, non scadendo nel documentario così come evitando la produzione di un film horror. Va oltre gli scandali per cercare qualunque significato possa trovarsi dietro di essi.
Dead (Jack Kilmer), primo cantante della band, è in qualche modo il personaggio più importante del film, nonostante la partenza anticipata. La sua fine violenta – e l’altrettanto importante reazione morbosa di Euronymous – segna un punto di svolta per un movimento nascente che finora era stato più un discorso che azione. Quella foto diventa la copertina dell’album “Live in Leipzig”, ma è anche un gesto che separa i veri credenti dai semplici provocatori e aiuta Euronymous a coltivare l’immagine oscura a cui aspira da tempo. Da lì tutto si intensifica, con figure periferiche che commettono crimini atroci come se tutte le persone coinvolte crescessero nelle loro personalità inventate e si staccassero dal loro io precedente.
Varg in particolare, introdotto come un poser che indossa le toppe degli Scorpions, alla fine acquista in questo sistema di credenze estreme una importanza maggiore rispetto anche agli stessi coetanei dell’inner circle (più interessati a essere caricati e gridando “Ave Satana!” ai passanti ignari di quanto stanno vivendo nei loro ideali malvagi). “O lo fai per la causa e agisci – dice Varg ad Euronymous mentre la loro rivalità si intensifica – o lo fai perché vuoi attenzione. Non si può avere in entrambi i modi“. E proprio Euronymous, lo stesso che dopo aver scoperto il cadavere del suo cantante ha scattato una foto della scena del suicidio e fatto collane dei suoi frammenti del cranio, capisce di non volere assecondare il volere di Varg, di stare ai suoi giochi, che ormai sono solo follia distruttiva e nichilista.
I membri di Mayhem si sono tagliati sul palco e hanno lanciato teste di maiale mozzate tra la folla, ma hanno anche preso in prestito le macchine dei loro genitori per uscire di notte e anche accettato i soldi dai parenti per aprire negozi di dischi. “Ci stanno opprimendo con la loro gentilezza e la loro bontà”, dice Euronymous della società cristiana senza un pizzico di ironia. La noia suburbana benestante non è mai stata la condizione più consapevole di sé. Åkerlund non rifugge dal fatto che l’ideologia dei suoi personaggi – una miscela di paganesimo, satanismo e nazismo che collassa sotto il minimo controllo – è una sciocchezza contorta e il loro comportamento oscilla tra lo spiacevole al riprovevole, ma non li giustifica mai per le loro azioni mentre cerca di capirli.
Andrea Frangi
Qui la recensione del film firmata da Burzum.
