È uscito Palo Santo, il nuovo singolo dello scrittore, poeta e cantautore Gio Evan. Il brano, distribuito da ADA Music, è un inno all’amicizia, all’amore e al sostegno incondizionato.

“Palo Santo è un brano che raccoglie un momento di vita preciso, netto – racconta Gio Evan – un momento che è capitato ad ognuno di noi almeno una volta nella vita. È un’amicizia che si ritrova ancora insieme, intorno a un fuoco, davanti al mare, la sera. Perché è vero che l’estate finisce, ma la voglia di danza no, perché è vero che il sole si ammorbidisce, ma il nostro diritto al calore, no”.

È stato un anno intenso, la doppia tournée, il festival… Cosa ti sei portato a casa dagli ultimi mesi e quali sono i prossimi impegni in vista?

È stato molto impegnativo, passare da un grande lavoro teatrale con tutti gli allestimenti, le prove, tante date… poi iniziare un nuovo tour senza un attimo di defaticamento, con un nuovo format, l’allestimento estivo, tendenzialmente preferisco evitarlo. Però è andata così quest’anno, ci siamo divertiti un sacco, è stato un anno lavorativo, quindi lo accogliamo bene. È solo che adesso sono così stremato che non riesco a mettere a fuoco i miei prossimi progetti.

Posso dirti che ho finito il romanzo nuovo e che non ho voglia di pensare adesso a quando farlo uscire. È stato consegnato a Rizzoli e io per ora penso che il mio compito sia quello di andare via in Sudamerica e poi andare avanti: c’è un movimento che si sta occupando di una tribù sciamanica per portare diversi sostegni e sto andando là, dalla parte dell’Amazzonia equadoregna, quella a sud-est di Quito.

Riguardo a questo nuovo singolo, il testo racconta di un’amicizia quasi salvifica, però il brano è anche strettamente intrecciato alla natura, anche a livello sonoro. Come si fondono questi due elementi?

In realtà è un po’ lo spirito con cui attuo la mia quotidianitià, cioè rappresenta un po’ la mia vita. La mia comfort zone non è a casa, è il bosco, è la montagna. Quando vado ad arrampicare, le pareti verticali sono la mia zona di comfort. Ovviamente ho delle buonissime persone con cui condividere tutto il resto.Io mi sono un po’ stancato della musica quotidiana che sento, quella che comunque la radio propone. Non è la mia tazza di té, si direbbe in inglese. E quindi volevo qualcosa di più crudo, molto più strumentale. Immaginavo questo falò in spiaggia, quest’anno purtroppo ne ho fatti pochi, però quelli che ho fatto sono stati molto belli. Ho cercato la parte un pochino più vera, perché poi la musica che faccio assomiglia più a Palo Santo che a tutte le altre cose che ho fatto. Assomiglia a questa roba qua, volevo che la mia canzone ricordasse un po’ i miei comportamenti.

Il titolo ci ha ricordato anche una dimensione un po’ meditativa, come se i passaggi di questa amicizia che racconti corrispondessero in un certo senso a un rituale. È così?

Sì, lo è, perché quando riusciamo ad essere aperti con gli altri, quando sprigioniamo i campi emotivi, quell’apertura è uno dei rituali più grandi. Adesso sto lavorando a un monologo teatrale che vorrò portare, qualora dovessi rifare teatro l’anno prossimo, che parte proprio dal fatto che la preghiera è la vera gratitudine, non la richiesta. Dobbiamo ricominciare proprio a ridare vita alla vera preghiera. Adesso la preghiera è diventata tutta una forma di richiesta, un elenco delle cose che vuoi e che non vuoi, ma nessun maestro l’ha insegnata così.Gesù non dice assolutamente di fare questo nei Vangeli, Buddha non dice questo nei suoi testi, nelle sue testimonianze. La richiesta è stata inventata dall’uomo. Loro invece insegnano la gratitudine. Per questo quando ti do una cosa e tu mi dici grazie, io ti dico prego. Grazie e prego. Pregare è proprio quel senso di gratitudine. Questa canzone doveva essere il rituale della gratitudine, quello di dire grazie nei momenti un po’ più disperati e disparati.

Questi temi torneranno anche nella prossima edizione di Evanland? Cosa aspettarci dall’evento visto che nel 2025 Ad Assisi sarà per la prima volta spalmato su due giorni?

Sì, sarà per la prima volta per due giorni e diciamo che io sul palco o nelle presentazioni dico che ogni anno scelgo un tema con cui lavorare. Di solito è Capodanno, a Capodanno mi do un verbo, una parola, un aggettivo e per tutto l’anno provo a spolparlo 20 minuti al giorno, proprio come esercizio dialettico. Quest’anno il tema è arrivato prima di Capodanno perché da almeno due mesi Palo Santo mi conferma che sto proprio lavorando sulla gratitudine, la nuova forma di gratitudine, la nuova forma di preghiera. Quindi sì, non vedo l’ora in realtà di portarlo ad Evanland perché ho proprio voglia di spolpare questo concetto.

A cura di Mattia Sofo

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