Il primo disco dei Velvet Underground vendette appena 30000 copie nei primi cinque anni in cui venne messo sul mercato, un chiaro insuccesso commerciale rivalutato in seguito come opera d’arte unica e impareggiabile. Riconosciuto come il debutto più impressionante della storia del rock, intitolato solo con il nome della band e di Nico, voluta da Andy Warhol nonostante le scarse doti a livello canoro, questo disco è diventato il modello a cui aspirare per tutte le generazioni di gruppi, più o meno grandi, più o meno seri. Nel 2013 l’attore Macaulay Culkin mise in piedi una tribute band parodia chiamata Pizza Underground, massacrata dai più, che ne fece cover dissacranti: Beginning To See The Light divenne I’m Beginning To Eat The Slice, o Candy Says rivisitata come Papa John Says. Pizza Underground è stata solo la punta dell’iceberg.
Band come Sonic Youth, Pavement, Beat Happening, the Strokes, the Magnetic Fields, Kevin Morby, the Dandy Warhols, in pratica qualsiasi indie-rock band che è saltata fuori dopo The Velvet Underground & Nico ad oggi ne è stata influenzata. E parliamo di un disco uscito ormai di cinquanta anni fa, il 17 Marzo 1967.
L’impatto che ebbero i Velvet Underground sulla cultura di massa è così imponente che è difficile da quantificare. All Tomorrow’s Parties fu il nome di una serie di festival inglesi, per non parlare di Sunday Morning, propinata in dozzina di colonne sonore, pubblicità. L’esempio più clamoroso è però l’artwork del disco, una giallissima banana su fondo bianco, curato da Andy Warhol in persona, la cui firma appare anche in copertina, che vi lavorò come se fosse una delle proprie opere e che contribuì a rendere l’album ancora più iconico. Warhol fu accreditato come producer nell’album e sua fu la scelta di chiamare Nico, una modella ed attrice tedesca già conosciuta nei circuiti rock’n’roll per il suo tono lugubre che si adattava perfettamente alle parole delle canzoni (Femme Fatale, I’ll Be Your Mirror).
La potenza della band di Lou Reed e John Cale (che lasciò il gruppo l’anno successivo e si dedicò alla carriera da solista) prese tutta l’eredità della Beat Generation degli anni ’50, così come il loro look o lo stream of consciousness dei testi, in cui si parlava chiaramente di droga, sesso o prostituzione come frammenti di poesia.
Questo disco rimane incredibilmente fresco anche nel 2017 e continuerà ad essere una scoperta per ogni generazione futura, fonte di ispirazione a cui attingere, per il suo segno secco, senza grandi effetti sonori che sembra non scadere mai.
A cura di Caterina Gritti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.