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Throwback Thursday: “Frances Ha”, di Noah Baumbach (2012)

Nelle ultime settimane mi è stato difficile assistere a conversazioni in cui non venisse nominato “Star Wars, il Risveglio della Forza”. Tra una spoilerata e l’altra non sono quasi mai mancate risatine e grida di terrore per uno dei protagonisti, il povero Adam Driver, colpevole di mostrare un volto per molti orrendo, con paraboliche orecchie e vittima di un doppiaggio che decisamente penalizza il suo bel originale vocione profondo. Difficile ribattere davanti a una scena poco riuscita, ma l’attore in questione è una mia vecchia conoscenza con una carriera che molti bellocci invidierebbero. Oltre ad essere stato l’indimenticabile fidanzato di  Hannah Horvath in “Girls”, è stato attore per Clint Eastwood (J. Edgar), Spielberg (Lincoln), i fratelli Cohen (“A proposito di Davis”) e per Saverio Costanzo nel bel “Hungry Hearts”. Nonostante tutti questi nomi un po’ altisonanti, il film più bello di cui ha fatto parte è stato “Frances Ha”, di Noah Baumbach (con cui l’anno scorso ha ricollaborato per “Giovani si diventa”). È un filmetto indipendente, girato in bianco e nero per povertà di mezzi e perché “ogni immagine del film crea nostalgia”, scritto dal regista con la protagonista Greta Gerwig, che interpreta un’aspirante ballerina ventisettenne che si muove per una New York popolata da fighetti, hipster e amicizie aspirazionali e pavoneggianti. Non è il solito film giovanilistico, “Frances Ha” è una dolcissima e irresistibile storia di formazione, di una ragazza romantica in cerca di qualcosa o qualcuno, finché quello che troverà sarà l’amore per se stessa, inventandosi e svelando la propria vera natura, trovando finalmente la felicità.  “Frances Ha” è un film luminoso e contagioso, erede di Annie Hall ma figlio della tradizione francese. Se l’ambientazione è alleniana, la musica è quella di Truffaut, nelle melodie di Delerue, perfettamente miscelata a ritmi indie e ai Rolling Stones, dove le corse di Frances, al ritmo di “Modern Love” di Bowie, per la città ricordano una celebre sequenza di Manhattan (quando Isaac torna da Tracy sulle note di Gershwin) ma si intravedono anche le corse e le fughe del piccolo Antoine Doinel per la città dei “400 colpi (uno dei temi principali di “Frances Ha”, di Jean Costantin, Ecole Buissonière, tratto dalla colonna sonora del capolavoro di Truffaut). Sebbene vi si ritrovino delle ispirazioni dichiarate (compresi accenni a Godard e Carax), la forza di “Frances Ha” è nei dialoghi e nel bel volto espressivo di Greta Gerwin, pilastro, ironica e sensibile anima e ispiratrice del film. Una struttura che rimanda nella leggerezza apparente, ma nella complessità introspettiva, ai “Racconti Morali” di Rohmer, e a quegli stupendi personaggi femminili che ci ha dipinto negli anni, dalla rimpianta Pascale Ogier de “Le notti di luna piena” alla Delphine de “Il raggio verde”, immersa nella solitudine del viaggio e alla ricerca di sé (strade già percorse negli anni da Maude e da Claire).

“Frances Ha” è un film bello e intelligente, vagamente adolescenziale, ironico, saffico e saggiamente sincero, che ha partecipato a tanti festival indipendenti ma che è stato anche candidato al Golden Globe (per la migliore attrice), senza ingiustamente ottenere i giusti riconoscimenti, che sono meritatamente giunti nel tempo da più saggi pubblico e critica.

Il Demente Colombo