Nelle sale da pochi giorni ma da mesi argomento di discussione, The Revenant è l’ultimo capolavoro del regista messicano Alejandro Gonzales Inàrritu.
Basato sull’omonimo romanzo di Michael Punke, il film vuole raccontare la leggendaria vita del cacciatore Hugh Glass, vissuto tra il 1700 e il 1800 tra le lande desolate attraversate dal Missouri. A ridare vita al personaggio di Hugh Glass troviamo Leonardo di Caprio, affiancato da Tom Hardy, Will Poulter e Domhnall Gleeson.
156 minuti è il tempo di cui si è servito il talentuoso regista per ripercorrere l’anno 1823, anno in cui Hugh Glass fu abbandonato dai suoi compagni durante una spedizione commerciale. Attaccati da una tribù di indiani Ree, la compagnia è costretta alla fuga, abbandonando le navi e proseguendo via terra per raggiungere il proprio villaggio. Durante la fuga, Glass viene attaccato e ferito molto gravemente da un Grizzly e così la compagnia decide di proseguire lasciando Glass ferito in compagnia del giovane Bridger (Will Poulter), del cacciatore Fitzgerald (Tom Hardy) e del giovane figlio, nato dall’incontro tra il cacciatore e una donna Pawnee. Fitzgerald, il cui unico fine è ottenere il denaro delle spedizione, decide di mettere fine alla vita del sofferente Glass. Proprio mentre la vita del cacciatore sembra essere giunta al termine, l’intervento del figlio coglie di sorpresa Fitzgerald, che molto rapidamente estrae il coltello e fredda il giovane Hawk. Rimasti soli Fitzgerald e Bridger fanno ritorno al villaggio mentendo sulla morte di Glass.
Hugh Glass però non è morto. Il suo obbiettivo ora è uno solo: fare ritorno a casa per vendicare la morte del proprio figlio.
Dopo il successo riscosso con Birdman, Inàrritu non poteva non presentarsi con un progetto altrettanto ambizioso. Il film, girato interamente con luce naturale e in ordine cronologico, risulta già una sfida vinta dal regista. Il paesaggio maestoso, selvaggio e inviolato della Columbia Britannica è lo sfondo di questa eroica impresa. Non poche sono state le difficoltà incontrate dalla troupe durante le riprese; l’utilizzo della sola luce naturale, infatti, imponeva lo svolgimento dei lavori in un tempo molto breve e le rigide temperature e l’ostilità dell’ambiente sono state terreno di sfida soprattutto per gli attori, Di Caprio fra tutti. Le basse temperature, le pesanti pellicce che arrivavano a quasi 45 Kg, l’immersione in acque gelide e il restare sepolto sotto la neve: queste sono solo alcune delle sfide che l’attore americano ha dovuto affrontare. L’attore, vegetariano ha perfino mangiato vera carne cruda di bisonte. Cosa non si fa per un premio Oscar?
Collaboratore di Inàrritu è stato ancora una volta Emmanuel Lubezki, viste le grandi fortune da Oscar dell’anno precedente con Birdman. Per un’immersione totale nel paesaggio sono state utilizzate per le riprese una gru e la Steadicam, ovvero un supporto meccanico su cui può essere montata una macchina da presa e sostenuto dall’operatore per mezzo di un corpetto.
Già vincitore di due premi ai Golden Globe, si presenta nei cinema italiani con ben 12 candidature ai prossimi premi Oscar. Ancora una volta il regista messicano si è mostrato all’altezza delle sue aspettative, proponendo nuovamente un’opera originale e magistralmente recitata. La lentezza del film è sicuramente oscurata dalla magnificenza dei paesaggi e da una scelta musicale pienamente azzeccata e che sopperisce alla povertà di dialogo che già precedentemente all’uscita nelle sale era stata annunciata dal regista.
Detto ciò, dimenticate i siti di streaming, prendetevi una sera libera e andate a vedere al cinema un Leonardo Di Caprio Redivivo e forse per la prima volta da Oscar.
Andrea Asperi
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.