“Fire Doesn’t Grow On Trees” di The Brian Jonestown Massacre si fa subito notare per la sua bellissima copertina trash, con un gatto per protagonista. Il disco riprende il mood del precedente lavoro: i dieci brani in scaletta, infatti, potrebbero provenire benissimo dalle stesse sessions di registrazione, inserendosi in quella parte di discografia che rimanda alla classicità dei sixties (dal beat al garage alla psichedelia), più che alla sperimentazione anche elettronica di altri lavori.
Forse il maestro di cerimonie Anton Newcombe è stato un po’ troppo impegnato a litigare con Ian Brown degli Stone Roses durante la pandemia (leggetevi qualche articolo tipo questo e fatevi due risate, o piangete), ma ciò che conta è che la compagine californiana da anni residente a Berlino sia tornata dopo tre anni di assenza, e già questo ci mette gioia.
L’inizio affidato alla ripetitività ritmica di The Real è deflagrante, così come la cavalcata alla Hawkwind di Ineffable Mindfuck e l’omaggio ai Beatles più psichedelici di It’s About Being Free Really. Degna di nota, comunque, anche la restante parte della scaletta, dove, come da tradizione, i nostri giocano a mescolare amabilmente Rolling Stones e 13th Floor Elevators. Spiccano nella seconda parte della tracklist l’inno in caps lock #1 LUCKY KITTY e il finale riverberato di Don’t Let Me Get In Your Way.
Andrea Manenti
Mi racconto in una frase: insegno, imparo, ascolto, suono
I miei 3 locali preferiti per ascoltare musica: feste estive (per chiunque), Latteria Molloy (per le realtà medio-piccole), Fabrique (per le realtà medio-grosse)
Il primo disco che ho comprato: Genesis “…Calling All Stations…” (in verità me l’ero fatto regalare innamorato della canzone “Congo”, avevo dieci anni)
Il primo disco che avrei voluto comprare: The Clash “London Calling” (se non erro i Clash arrivarono ad inizio superiori…)
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: adoro Batman