A soli due anni dal fortunato esordio “Future Me Hates Me”, tornano i frizzantissimi Beths, direttamente da Auckland, la più vasta metropoli della Nuova Zelanda. Elizabeth Stokes e compagni sono fautori di un buon power pop di natura esuberante, hanno assaporato i Beat del sottovalutatissimo Paul Collins, hanno assorbito molto dalle voci di due grandi frontwomen quali Debbie Harry e Dolores O’Riordan e infine sono andati a letto con i Buzzcocks del compianto Pete Shelley.

L’album inizia con la bordata punk di I’m Not Getting Excited, scorre liscio con la successiva Dying to Believe, dal sapore maggiormente indie d’inizio millennio (un po’ primi Strokes, per intenderci) e si adagia un attimo con la semi-ballad Jump Rope Gazers. Acrid inizia con un quasi plagio di Get Free dei quasi vicini di casa Vines: bomba! Do You Want Me Now mostra il lato più riflessivo dei quattro giovani rocker. Out of Sight rialza i ritmi, così come Don’t Go Away, figlia diretta di power chords e tanto divertimento.

Mars, the God of War è probabilmente il pezzo migliore del lotto, debitore dei migliori Ash così come dei Weezer (sentire per credere l’ottimo solo metal verso la fine brano). Un po’ deludente invece il finale affidato all’acustica You Are a Beam of Light e alla ballad elettrica Just Shy of Sure, certamente non il loro pane quotidiano. Comunque un piacevole secondo lavoro, che certamente saprà aprire loro parecchie porte.

Andrea Manenti

 

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