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Superorganism – S/T: Recensione

Debutto omonimo per i Superorganism, collettivo di sangue intercontinentale (otto componenti da UK, Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud), guidato da Mark David “Emily” Turner, Christopher “Harry” Young, Tim “Tucan” Shann e Blair “Robert Strange” Everson (già nei The Eversons). A tutto questo si aggiunga la voce di Orono Noguchi, classe 2000, e le background vocals di Ruby, B e Seoul. Una vera e propria tribù, le cui canzoni sono nate dallo scambio di idee in rete, per poi trovare nella capitale inglese il più naturale (e naturalmente hipster) nido creativo.

L’album, la cui strada era già stata aperta da qualche singolo campione di ascolti sul web (l’iconica Something for your M.I.N.D., già nella colonna sonora di FIFA 18, uscito lo scorso settembre), si struttura in una mezzoretta di synth pop da dormiveglia bambinesco. Un tema sul quale si poggia l’intero lavoro, con passo cadenzato e senza deviazioni dallo scorrimento orizzontale tipico del platform per consolle. In questo gioco a 32 bit, il “Non Playable Character” è la stessa Onoro, con la sua voce laconica e pigra, alle prese con un’assuefatta ed onirica quotidianeità tecnosocial da teletubbies cresciutella.

In It’s All Good, in cui non è difficile ritrovare gli Architecture in Helsinki di “In Case We Die”, è la stessa sveglia a fare una domanda ad Onoro: «Would you like to wake up? Or perhaps, do nothing?». Il cazzeggio prosegue lineare tra una chitarra che odora di Pavement, un beat à la primo Beck, effetti sonori da cartuccia SNES Jap Version, ritornelli supercatchy (provare Nobody Cares e Reflections on The Screen) e coretti di sottofondo ovattati e ruffiani. Il tutto in un contesto di debole psichedelia, avanti senza disorientamenti fino al risveglio, in coda alla più scura (e Mgmt) Night Life.

Un concept tutto sommato riuscito, che non può però prescindere dalla dimensione visual e dalla sua naturale collocazione sia nei live (e nei video) technicolor e pixellati, negli abbigliamenti normal-chic, negli ologrammi senza orpelli. Difficile molleggiarsi durante l’ascolto, ma resta comunque il sapore di zucchero (filato) tra papille e palato. Ci si può stare, senza troppo rischio carie.

Anban