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Sharp Objects, di Jean-Marc Vallée (2018)

Un vento torrido sta soffiando sul Missouri, sulle note del Led Zeppelin. Siamo A Wind Gap, cittadina di buoni costumi ed insane perversioni, dove alle sue finestre si affacciano i fantasmi di angeliche ragazzine brutalmente uccise.
Amy Adams è Camille Preaker, giornalista brutalizzata dalla vita, salvata dalla fuga e da una nuova famiglia. Trova più conforto dall’abbraccio di una bottiglia, dal bruciore della vodka che dai sentimenti di un uomo. Il suo corpo è una geografia del dolore, autoinflitto, incompreso, rappreso in cicatrici che definiscono i confini del sé, quando la sofferenza è tale da farla scomparire nei propri abissi.
Camille torna a Wind Gap, sua città d’origine, dove sono state uccise due ragazze, per indagare, inviata dal proprio redattore, più che un capo un fratello. Da St. Louis torna alle origini, nel ventre di una cattiva madre, mentre Robert Plant, sin dal primo episodio canta “Catch the wind, see us spin/Sail away leave today/Way up high in the sky, hey, whoa/But the wind won’t blow/You really shouldn’t go”. Iniziandoci alla storia.
Nulla è cambiato nella vita degli ambigui abitanti della cittadina, alcolizzati, infelici, accecati dalle apparenze. Nessuno si salva, in una periferia di ragazzine perverse e di vergini assassinate.
Camille, tra continui flashbacks ( non spazientitevi nella visione, alla fine tutto si capirà, tutto troverà la propria logica) ci svelerà i propri fantasmi, in un’indagine di redenzione e guarigione fino alla conclusione del caso. Vagando in auto, smarrendosi e ritrovandosi cerca la chiave di lettura delle proprie cicatrici e si addentrerà nell’indagine della propria vita e nell’oscura personalità di sua madre Adora.
Ed ancora Plant ci accompagna, ammonendo con “So don’t you let her/Oh, get under your skin/It’s only bad luck and trouble/From the day that you begin/I hear you crying in the darkness/Don’t ask nobody’s help/Ain’t no pockets full of mercy, baby/’Cause you can only blame yourself”.
Sharp Objects è un thriller affilato, tagliente e doloroso, dove il pericolo e il colpo di scena sono dietro l’angolo. Accompagnato dalle note dei Led Zeppelin (che avevano precedentemente rifiutato la licenza dei propri brani al regista), profetiche (Don’t tell Mama! e And if I say to you tomorrow/Take my hand, child, come with me/It’s to a castle I will take you/Where what’s to be, they say will be), Jean-Marc Vallée riadatta il romanzo di Gillian Flynn (pubblicato in Italia da Rizzoli).
Con il proprio stile teso tra delicatezza e violenza, il regista canadese sceglie, come in Big Little Lies, cromatismi freddi ed attrici bravissime ed insegue la propria indimenticabile protagonista sopra e sotto la sua tormentata e diafana pelle,( Amy Adams pazzesca) lungo il tragitto di un thriller psicologico. Essenziale, pochi episodi per la migliore serie della stagione. Bellissima colonna sonora, per chi ama il mistero e le emozioni forti. In Italia su Sky Atlantic.
Il Demente Colombo