Milano, 15 marzo 2019

Qual è la percentuale di acqua presente a un concerto? Ad alcuni live si riversano fiumi di persone che sfociano in un mare intorno al palco. Altri sono grotte e caverne umide e odorose di birra. Poi ci sono le bolle, trasparenti e ovattate, dove la musica sembra che suoni solo per te.

Affinché l’aria, l’acqua e la musica diventino una sfera, la formula è la seguente:

– Arrivare non troppo presto, ma in tempo per sdraiarti in transenna con lo spazio sufficiente per una amorosa vicinanza con la partner.

– Scegliere un gruppo molto sentito ma mai visto, sperando in un piacevole effetto sorpresa.

– Acquistare il disco e farselo autografare.

– Foto ricordo con la cantante.

Tutto ciò è avvenuto al concerto dei Lali Puna al Circolo Magnolia.

Ad aprire il concerto è Surma, un’artista portoghese che sembra un folletto. Ha un suono elettronico impreziosito da chitarra e basso, che inserisce tra le diavolerie digitali. Durante il primo brano, lì davanti ad ascoltarla tra il pubblico, c’è proprio Valerie Trebeljahr dei Lali Puna. Un gesto d’affetto che mi è piaciuto molto.

Poi è il turno del trio tedesco, che inizia a pescare brani da una carriera ventennale, premettendo che i pezzi più vecchi conterranno forse degli errori dovuti alla memoria, mentre altri non saranno abbastanza rock per gli stessi motivi anagrafici dei componenti.

Christian Heiß dirige le sue macchine e governa mille fili. È lui l’anima elettronica della band.

Christoph Brander alla batteria è un mastino sincopato che non si concede né una distrazione, né un sorriso.

Valerie è la delicatezza che ammorbidisce il tutto, la soavità che umanizza i meccanici meccanismi del suono.

E dalla bolla si esce per tornare a casa, ma questa sera anche le strade sembrano umide e iridescenti di sapone.

Massi Marcheselli

 

 

 

 

 

 

Le fotografie ci sono state gentilmente inviate dal nostro lettore Ettore Castellani