Micah P. Hinson ha appena 36 anni, ma nell’ambito underground a stelle e strisce è già una piccola luminosa leggenda. Il perché è facile dirlo: vita avventurosa e grandi canzoni. Lo abbiamo incontrato alla Latteria Molloy di Brescia prima di uno dei suoi ultimi live italiani. Micah ha deciso di aprirsi a indie-zone con una lunga intervista, fra sigarette e tè caldo. Partiamo subito.
Quella di oggi è la quarta di sette date in Italia. Come ti stai trovando qui nel nostro Paese? Come reagisce il pubblico alla tua musica?
Molto bene. Il pubblico reagisce con calore. Punto forte probabilmente è il fatto di aver provato questa volta a rendere il sound del live il più possibile simile a quello originale del disco.
“And the Opera Circuit” è uscito ormai undici anni fa. Perché hai deciso di riproporlo live nella sua interezza? Cosa significa per te questo album?
Principalmente il motivo è che la Bronson Recordings ha voluto fare un remaster di questo disco, grazie al quale il suono è cambiato in meglio ed ecco qui la perfetta scusa per portarlo in giro dal vivo. È un album che rappresenta quello che io stesso ero una decina d’anni fa. Nel frattempo sono molto cambiato, mi sono sposato, ho avuto dei figli, sono maturato.
A proposito di matrimonio… È vero che, come Johnny Cash, hai annunciato il tuo matrimonio sul palco? È andato tutto ok?
È vero. Ero sul palco con quella che sarebbe diventata la mia futura moglie a cantare quattro canzoni ed è successo.
Da skater a folk singer: come è avvenuta questa trasformazione?
In verità non c’è stata alcuna trasformazione. Mi sento tutt’ora uno skater. Adoro la Bastard di Milano e guardo spesso con mio figlio film sul modo skate. Non mi considero invece folk. Folk da noi in America è quando si fanno cover per farsi più fans.
Ascoltando la tua musica mi vengono in mente grandi del passato, uno su tutti Johnny Cash, come esponenti dell’alt-folk (Wilco, Old 97s…). A chi ti senti più legato? Alla tradizione o alla sperimentazione legata ad essa?
Non mi sento molto connesso con la tradizione country, ma sono un grandissimo fan del vecchio country: Willie Nelson, Hank Williams e, ovviamente, Johnny Cash.
Nei tuoi live, come su disco, passi da esibizioni in solitaria ad altre in compagnia anche di molti musicisti. Quale dimensione senti più tua?
Quando suono da solo lo faccio perché più intimo, perché posso permettermi di sballarmi e soprattutto perché guadagno di più. Se potessi suonare da solo per gli stessi soldi che prendo con la band lo farei: vivo grazie alla musica. Con la band comunque le canzoni possono migliorare e ciò è importante per dare qualcosa di nuovo alle canzoni stesse e al pubblico. Fra i miei musicisti ora ce n’è uno bravissimo di cui sinceramente non ricordo il nome… Asshole lo chiamo comunque, scrivi pure Asshole. L’ho conosciuto suonando con Vinicio Capossela, ho suonato tre volte poi anche con PJ Harvey… suonare con musicisti del genere è un onore.
I tuoi testi sono molto profondi. Parti da lì per scrivere un brano o il procedimento è inverso?
Non credo che i miei testi siano profondi, parlo semplicemente di cose che tutti provano presto o tardi. Quando scrivo parto sempre dalla musica, poi passo ai testi, non saprei fare il contrario.
L’ultimo tuo album (“Broken Arrows”) è di due anni fa. Stai lavorando a qualcosa di nuovo?
Sì, in agosto dovrebbe uscire un nuovo disco a cui ho lavorato per due anni. Verrà rilasciato in due parti, in totale sono ventisei canzoni e dura sulle due ore. All’inizio verranno pubblicate quattordici canzoni, poi tutto insieme in generale… così vuole la casa discografica. Io la considero un po’ come un’opera e penso che sia buona, ci ho lavorato duro. Il disco è pieno di effetti. Io e l’etichetta crediamo molto nel nuovo album. A settembre poi tornerò in tour ed entro la fine dell’anno dovrei nuovamente toccare l’Italia.
A cura di Andrea Manenti
Qui sotto, le fotografie scattate da Giulia Bartolini all’artista americano
Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.