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Idles @ Circolo Magnolia (Milano): Live Report e Photo Gallery

Milano, 22 novembre 2018

Il cantante degli Idles si chiama Joe Talbot, come una vecchia casa automobilistica francese. Ce l’aveva anche mio zio negli anni ’80: una fiammante Talbot Samba color caffè. Ma per quanto l’accostamento a una macchina da battaglia possa in fin dei conti risultare azzeccato, non è certo questo il miglior ricordo a cui associo il cantante britannico. A colpire durante l’attesissimo live al Circolo Magnolia è piuttosto il suo modo di stare sul palco. Lo sguardo allucinato, il sudore copioso sulla fronte, ma soprattutto lo spirito combattivo che traspare dai suoi movimenti.

Joe Talbot si presenta on stage alle 22 in punto sulle note di Colossus. Mentre i compagni di band suonano al rallentatore il primo pezzo tratto dal loro fenomenale secondo album, Joe si aggira minaccioso tra gli strumenti con gli occhi iniettati di rabbia. Sembra un pugile in trance agonistica pochi istanti prima del match. Il pubblico, consapevole della sua potenza, assiste impaurito e rassegnato a subire un inevitabile K.O. tecnico. La fase di studio, per la verità, dura soltanto pochi minuti. Perché di lì a poco gli Idles straripano in un autentico tiro al bersaglio a colpi di punk, post-punk, post-hardcore o come diavolo volete chiamarlo.

Dicevamo dei movimenti. Il “vizio” di Joe Talbot è quello di accennare uno scatto sul posto prima che il brano prenda quota. Non un banale riscaldamento pre-partita, ma una sorta di danza preparatoria alla raffica di legnate che sta per stamparti in pieno volto. Il pensiero, inesorabile, corre dritto allo stile inconfondibile del più grande boxeur di tutti i tempi. Qualche passo in punta di piedi lungo le corde del ring, un sorrisetto che te lo raccomando, una finta, due finte, e quando meno te lo aspetti lascia partire un uppercut micidiale che ti sbatte al tappeto. Never Fight A Man With A Perm, I’m Scum, Mother e Faith in the City sono pugni nello stomaco da toglierti il respiro.

E non si parla soltanto di muscoli, adrenalina e botte da orbi. Al basso martellante di Adam Devonshire, alla batteria dritta di Jon Beavis (stasera ribattezzato The Taxman) e alle chitarre noise di Mark Bowen e Lee Kiernan, si aggiungono anche e soprattutto i testi più taglienti degli ultimi anni di musica indipendente. Perché le parole, a volte, lasciano ferite ben più profonde di qualche sgomitata sotto il palco. Ascoltare dal vivo certi pezzi e cantarli a squarciagola accanto a decine di sconosciuti fa lo stesso effetto di una denuncia urlata in piazza contro le ingiustizie. L’inno Danny Nedelko, con quel suo piglio street-punk e un Mark Bowen che plana in testa al pubblico in un liberatorio stage diving, incendia anche le gole dei più scettici.

Immigrazione, Brexit e lotta di classe sono temi troppo importanti per gli Idles. Troppo urgenti per fare finta di nulla e affidarli soltanto alla penna raffinata di qualche sparuto cantautore. Il rock di strada, così genericamente inteso, deve prendersi la sua meritata rivincita. Ecco allora il solito Joe Talbot battersi i pugni sul petto fino a farsi male. Come a dire che “sì, sono con voi, lottiamo insieme per gli stessi ideali”. E quando prova a spiegarlo al microfono, tra un pezzo e l’altro, la sua voce si abbassa, i toni si fanno più gentili e concilianti. Perché un conto è gridare la propria rabbia in faccia agli altri e un conto è pianificare la rinascita con i compagni di sventure.

La fusione totale tra palco e platea avviene quando due ragazze vengono invitate a suonare con il gruppo. C’è spazio anche per qualche canzone a richiesta (qualcuno chiede lo stesso brano per due volte di fila), ma non per il banale teatrino dell’encore. Il live si chiude con Rottweiler, punto e basta. Niente fronzoli, nessuna bugia. Il match, almeno per il momento, finisce qui. Con una vittoria netta per gli Idles e tanti saluti a chi continua a prendere sottogamba questo nuovo, piccolo miracolo inglese.

Paolo Ferrari

 

Idles + JOHN @Magnolia 22/11/2018

Ph: Nicola Braga