Lei guarda fuori dalla finestra, vede un uccellino zampettare sopra un cavo elettrico. Il cielo blu cobalto della Grecia fa da sfondo a questa scena. Lei lo fa notare a lui, al suo lui, e lui ne fa nascere all’istante una canzone. E che canzone: Bird on The Wire.
Chissà se inizierà proprio così il documentario che racconta la storia d’amore tra Leonard Cohen e Marianne Ihlen. Il cantautore e la sua musa. L’artista tormentato e la donna che lo accecò come un raggio di sole sotto il cielo di un’afosa estate ellenica.
“Marianne e Leonard: words of love”: è questo il titolo del documentario che verrà presentato al prossimo Sundance Film Festival in programma dal 24 gennaio al 3 febbraio a Park City, Utah. “Marianne e Leonard: Words of Love”, le parole d’amore nate da un amore divenuto immortale grazie alla musica magistrale di Cohen. A dirigere l’opera è Nick Broomfield, regista inglese specializzato in amore incredibili e travagliati: sua, infatti, la firma anche di “Kurt & Courtney”, trasposizione sullo schermo del rapporto tra il leader dei Nirvana e la leader delle Hole.
Parole d’amore. Punto.
Parole d’amore tra Marianne e Leonard. Durate un’intera vita, fino alla fine della vita, nonostante le loro strade si fossero separate dopo un viaggio insieme nemmeno poi così lungo.
Un amore segnato dal destino, il loro. Dalla passione e da quelle cose che restano dentro per sempre nonostante la vita faccia finta di portarci altrove. Cohen rimase folgorato da Marianne incontrandola mentre faceva la spesa. Il marito di lei, che di nome faceva Axel Jensen e di mestiere faceva lo scrittore, l’aveva appena piantata in asso per un’altra con il loro figlioletto di sei mesi. Ma l’arte aveva bisogno ancora della Ihlen. Ed era lì ad aspettarla dietro ad un angolo insieme a Cohen, tra quei vialetti di Idra, una mattina come le altre: lui la invita al suo tavolo, loro non si lasceranno più.
Furono anni di amore e simbiosi, di comunione di passioni, arte, sensi e sintonie. Nacquero in quegli anni gli album Songs of Leonard Cohen (1967) and Songs from a Room (1969). Leonard immortala Marianne anche in un’intera opera di poesia, Flowers for Hitler, scrivendole versi come: “Non ti lascerò/Soltanto gli stranieri partono/Poiché posseggo ogni cosa/non ho nessun posto dove andare”.
“Addio vecchia amica”
E invece si lasciarono. Forse quel tutto che li unì così visceralmente si sgretolò per la sua stessa infinita potenza. Forse era troppo bello per sembrare vero, o forse dovevano perdersi per restare invece uniti per sempre. Uniti più che mai. Uniti fino alla fine dei loro giorni.
Cohen nell’estate del 2016 viene avvisato dal comune amico Jan Christian Mollestad che una terribile leucemia si sta portando via Marianne. Impugna la penna, scrive una lettera che diventa uno degli addii più dolci e struggenti della storia. “Sai che ti sono così vicino che se allungassi la mano, potresti toccare la mia. Sai che ti ho sempre amato per la tua bellezza e per la tua saggezza ma non ho bisogno di dire altro, perché di questo sai già tutto. Ora voglio solo augurarti buon viaggio. Addio vecchia amica. Amore infinito, ci rivedremo lungo la strada”.
Gli ultimi sforzi vitali dei muscoli di Marianne la fanno sorridere e allungare una mano, quasi a toccarlo il suo Leonard. Se ne va così, con le sue parole e una carezza di Mollestad mentre le canta So long, Marianne, la canzone che Cohen le dedicò nel 1967.
“Bene, Marianne, è giunto il momento in cui siamo davvero vecchi e i nostri corpi si stanno per cadere a pezzi e penso che ti seguirò molto presto” scvriveva ancora Cohen nell’ultimo messaggio alla sua dea greca. La seguì davvero, una manciata di settimane più tardi: morì il 7 novembre di quello stesso anno.
Il Sundance Festival più musicale di sempre
Quegli amori più forti di tutto, persino della scelta di non viverli per paura di sporcarli o rovinarli o vederli finire infranti. Più forti della consapevolezza della loro perfezione. Quegli amori che forse la vita ti porta a non viverli e basta, a farti dilaniare dentro da loro tanto è forte la loro potenza.
Roba da sciogliere le nevi più perenni, figuruiamoci quelle intorno a Salt Lake City. Un Sundance che si preannuncia più indie e musicale che mai: oltre al documentario sull’amore tra Leonard Cohen e Marianne Ihlen, al Film Festival verranno proposti anche il rockumentary “David Crosby: Remember My Name”, diretto da A.J. Eaton e co-prodotto da Cameron Crowe, e “Miles Davis: Birth of the Cool”, lungometraggio dedicato al padre del cool jazz che porta la firma di Stanley Nelson.
“Ero solito pensare che fossi una sorta di gitano, prima che lasciassi che tu mi portassi a casa” le cantava Cohen.
Sì, Leonard e Marianne ora possono davvero amarsi per sempre. E noi continueremo a sognare grazie a loro, insieme a loro.
Federica Artina

You know, I’m a dreamer.