CRITICA CINEMATOGRAFICA POLITE E POLITICALLY CORRECT, QUELLA TIPOLOGIA DI RECENSIONE CHE NON FA VITTIME E PIACE A TUTTI.
La maturità di Quentin Tarantino, un regista, che non vuole più colpire il suo pubblico con immagini pulp, violente, esperimenti con i movimenti di camera, cambi di fotografia repentini, giochi cronologici negli intrecci delle sue sceneggiature. Un regista che ha fatto un viaggio durato 8 film e 23 anni, da Le Iene a The Eightful Eight, che al suo ventisettesimo anno da regista acclamato in tutto il mondo non ha più bisogno di scoprire attori talentuosi da lanciare nel firmamento e cercare col lumino musiche di nicchia da riscoprire e attualizzare. Ora usa solo grandi star nei suoi ultimi film, Tarantino. E le musiche adesso sono leggendarie e mainstream. E la regia è più classica, più posata, spalleggiata da una fotografia ricca di colori, a volte fin troppo accesi. E la sua patina rough, quella de Le Iene, Pulp Fiction, Kill Bill, che riportava la mente a stili e generi cinematografici passati e chilometri di pellicola, ora ha lasciato il posto alla perfetta digitalizzazione delle immagini in 4K.
E’ cambiato tanto Quentin Tarantino. E dopo un film a mio parere decisamente mal riuscito, ovvero una piece teatrale western di 3 ore, eccolo tornare con un film sul DOPPIO. Questo film è assolutamente da godere in lingua originale, per apprezzare la recitazione ottima di Leonardo DiCaprio e quella pazzesca di Brad Pitt. Due attori fantastici che mettono in scena una coppia che forma i due lati di una medaglia. Rick (DiCaprio): un attore che si sente in declino, che odia gli spaghetti western, che odia gli hippies, che subisce per la prima volta un’aspra critica alla propria carriera, sputatagli in piena faccia da Al Pacino. Un attore che cade e, come da sua ammissione, “non sa cadere bene”. Ha paura di farsi male, Rick Dalton, il grande attore cowboy della tv wasp, che ha come mito John Wayne. Ma lui, quando viene chiamato a recitare nei film per il cinema, fa sempre e solo il ruolo del cattivo, che alla fine muore sotto i colpi della giustizia e dei buoni. Alla lunga, questi ruoli fanno annoiare di te sia il pubblico sia i produttori (gli dice Al Pacino).
E poi c’è Cliff (Pitt): la controfigura di Rick da tanti anni, ora suo assistente tuttofare. Gli fa da autista, bada alla sua casa, si accontenta di quello che ha e soffre un po’ di nostalgia del passato, quando ogni tanto recitava in qualche film. Lui è uno che cade per mestiere, ovvero “cade bene” e non si fa quasi mai male. Nel suo passato c’è un episodio strano che ha boicottato la sua carriera; non sappiamo molto di lui, ma è una persona molto buona e paziente, che sorride sempre e comunica ottimismo. E’ anche molto più aperto, rispetto a Rick, verso la comunità hippie. Il suo cane di nome Brandy è meraviglioso.
Abbiamo un terzo filone da seguire, cioè quello di Margot Robbie, ovvero Sharon Tate, la moglie di Roman Polanski in questo travagliato 1969 a Hollywood, residente ovviamente in Cielo Drive come la storia reale. La bionda è una vera attrice, è brava, si impegna tanto, è timida, è miope e non ha alcuna pretesa. E’ giovane e vuole divertirsi, oltre a voler mettere su famiglia col fenomenale regista di origine polacca, genio cinematografico del momento grazie al suo recente Rosemary’s baby, film sul satanismo.
C’era una volta a…Hollywood non è un film su Charles Manson, come si pensava dopo i primi rumors su questa produzione. Anzi, lui c’è come comparsa per soli 15 secondi, momento in cui capiamo che in Cielo Drive convergono tre storie: una di Manson e i suoi seguaci, una della famiglia Polanski e una di Rick con Cliff. Seguiamo tutte e tre le linee narrative che, alla fine, si uniranno nella tragica notte del 9 agosto 1969, non senza colpi di scena “made in Quentin”.
Non mancano da parte di Tarantino nemmeno le citazioni di altri film, le autocitazioni dei propri film, le presenze dei suoi attori/feticci come Michael Madsen, Kurt Russell, Zoe Bell, Bruce Dern e le comparsate di attori di telefilm del passato come Nicholas Hammond (Spiderman negli anni ‘70) e il compianto Luke Perry. Menzione speciale per la presenza di Steve McQueen a bordo piscina in una delle prime sequenze del film (interpretato da Damian Lewis).
Il montaggio regge bene le 2 ore e 40 minuti di durata complessiva (con scena divertente post credits), non mancano i piedi femminili in primo piano (feticismo sfrenato di Tarantino), i dialoghi “faccia a faccia” nelle tavole calde americane, le arti marziali. Bruce Lee viene ridotto apposta a una macchietta antipatica, proprio per un gioco del doppio che coinvolge ogni cosa. Conosciamo bene l’adorazione di Tarantino verso Lee e i suoi film: qui il regista stravolge tutto e lo demolisce, come se a dirigere il film fosse il gemello “cattivo” di Tarantino che tratta malissimo Bruce Lee e fa odiare gli spaghetti western al personaggio di DiCaprio. Oppure Tarantino vuole dirci “sono più vecchio e quella roba adesso non la sopporto più”?
Sicuramente un film da vedere più volte per cogliere i dettagli che sono sfuggiti a una prima visione (come per tutti i film di Tarantino). Opera più che positiva con scene divertenti che funzionano molto bene, anche all’interno di sequenze violente o drammatiche.
Quindi, caro Quentin, il prossimo film sarà davvero l’ultimo della tua carriera? Ne sei sicuro?
NEL VIDEO TROVATE LA RECENSIONE PIU’ APPROFONDITA E ASSOLUTAMENTE NON POLITE NE’ POLITICALLY CORRECT, MA COMUNQUE SENZA SPOILER.
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Link:
https://www.mymovies.it/film/2019/c-era-una-volta-a-hollywood/
https://www.comingsoon.it/film/c-era-una-volta-a-hollywood/55155/scheda/
https://movieplayer.it/articoli/cera-una-volta-a-hollywood-recensione_20878/
https://www.badtaste.it/2019/09/22/cera-una-volta-a-hollywood-di-quentin-tarantino-bad-movie/393023/
C’era una volta a… Hollywood, la videorecensione e il podcast
Appassionato di cultura pop, cinema, musica. E di tutto quello che sembra inutile e da scemi, ma ci ha riempito di felicità l’infanzia e l’adolescenza.