Milano, 27 aprile 2022

Avere John Convertino alla batteria è come avere in squadra Capitan Tsubasa. Gli passi la palla e ti porta dritto in porta dopo aver attraversato immense praterie con il ciuffo al vento. Una galoppata di un’ora e mezza per mettere in saccoccia l’ennesimo, grande successo. Che il concerto dei Calexico sarebbe stata una vittoria, dopotutto, lo sapevamo prima ancora di metterci in macchina in direzione Alcatraz. Il primo tocco di grancassa dello storico batterista americano ne è solo la conferma.

La scelta di iniziare il concerto con Heart Of Downtown, tratta dal penultimo album “Seasonal Shift”, è comunque spiazzante. Sarà che quel brano, su disco, vede l’importante partecipazione di Bombino, che ne caratterizza il suono con il tipico tratto sciamanico. L’assenza del musicista tuareg è tuttavia compensata dal resto del gruppo. Già, perché se la mia attenzione rimarrà in ogni caso catalizzata per l’intero live su Convertino, la compagine di Tucson non va mai sottovalutata in nessuno dei suoi elementi. Joey Burns a parte, del quale non smetteremo mai di tessere le lodi (voce bellissima, come sempre), l’occhio cade subito sul chitarrista Brian Lopez, che ha sostituito il gigantesco Jairo Zavala Ruiz. Impresa più che mai complicata, viste le qualità tecniche del predecessore, ma portata a termine con eleganza e stile indiscutibili. Se non altro perché il buon Lopez vanta una voce invidiabile, una presenza da leader e una certa dimestichezza con la cumbia. Il nostro, infatti, è frontman dei Xixa, altro combo di matrice latinoamericana dall’Arizona, con una discreta carriera solista e un’esperienza nei fratellini Giant Sand, da cui tutto ebbe inizio.

Non è un caso, dunque, che l’intero set dei Calexico all’Alcatraz privilegi la vena tex-mex e mariachi rispetto alle increspature desert-rock a cui la band ci aveva abituato negli ultimi tempi. Una scelta perfettamente coerente con le atmosfere di “El Mirador”, l’ultimo disco della band, che ha dominato il live milanese dall’inizio alla fine. El Burro Song, Cumbia del Polvo, Harness The Wind e Then You Might See superano alla grandissima la prova live, prima di lasciare spazio al classico Stray, da “The Black Light”. Il country caballero di Rancho Azul stupisce per la sua natura danzereccia, mentre il mambo di El Mirador trascina il pubblico nella dimensione onirica da sempre fiore all’occhiello di Convertino e soci.

Il trombettista Jacob Valenzuela conquista la scena nella successiva Inspiracion, l’unico episodio estrapolato da “Carried To Dust”, per poi trasformarsi nel vero trascinatore della serata. Fondamentale, come di consueto, l’apporto alle tastiere e alla fisarmonica di Sergio Mendoza, che a questo giro ha anche aperto il suo studio di Tucson per le registrazioni del nuovo album. Sulla leggendaria Minas De Cobre (For Better Metal) il pubblico si esalta pensando a Morricone. La batteria, suonata in camicia, con le maniche risvoltate sopra i gomiti, giusto per dare un segnale bonario, continua a dispensare classe a non finire. Lo sguardo rimane lì, su quei mezzi sorrisi che tradiscono la padronanza di un musicista sopraffino, ancora capace di divertirsi dopo una carriera ormai molto lunga. E a proposito di passato, ecco arrivare la cover, se così possiamo chiamarla, di Carinito dei Giant Sand. Insomma, non c’è nulla che non funzioni. I nuovi classici Flores Y Tamales, Cumbia De Donde e Under The Wheels, suonata durante l’encore, sono semplicemente bellissime. Alone Again Or dei Love è la ciliegina sulla torta che tutti speravamo di mangiare. Desiderio prontamente soddisfatto.

Il concerto si conclude con l’inchino della band, alla quale saremmo noi a doverci inchinare per il suo lavorio incessante attorno al concetto di un ibrido unico ed esemplare, non solo in termini sonori. L’idea del viaggio, del confine inteso non come ostacolo ma come luogo di passaggio, sguardo pronto a fondersi in quello del prossimo, è tatuata nel cuore dei Calexico e nella loro opera. Una missione iniziata quasi trent’anni fa, riuscita nella magia di mettere d’accordo tutti. Perché sfido chiunque a mettere un loro disco nello stereo senza ottenere il consenso di amici e parenti. Figuriamoci quando hai il privilegio di sentirli suonare dal vivo.

Paolo