Giacca bianca d’ordinanza, papillon vermiglio, rossetto in pendant. Molto pendant tout court, oseremmo dire. E dal vivo più che mai, Chris Baio interpreta il ruolo dell’omino ordinato con lo sguardo triste e malizioso. L’ex Vampire Weekend corre da solo, a metà strada tra un mimo costretto all’immobilità e il ballerino d’avanspettacolo che sculetta per sbarcare il lunario. Alle sue spalle sul palco del Biko, ieri sera proiettavano visual d’antan robotici e minimali. Affascinante, per carità. Ma è sufficiente, per non dire necessario, ricostruire ancora una volta l’immaginario electro wave per sopperire alla mancanza di ispirazione? Tolta l’impalcatura, l’impressione è che al nostro antieroe, qui nella sua avventura solista, manchi qualcosa per diventare grande. I pezzi trainanti ci sono (“Sister of pearl” e “The names” su tutti, impossibile non ballarli dal vivo), ma il resto?
La presenza di una chitarra non è bastata a proiettare il pubblico su una spiaggia di Sardegna, come ha chiesto lo stesso Baio a metà concerto. Gli occhi li abbiamo chiusi, certo. Ma anziché piombare a un party in riva al mare, siamo rimasti lì a giocare d’anca con il cappotto in mano. Un decollo a metà, un coito interrotto sul nascere.
Queste poche righe che possono suonare come una stroncatura vorrebbere essere un esortazione per tutti ad ascoltare di più le canzoni e badare meno al contorno. A poco serve scomodare Dave Gahan e Brian Ferry, ci troviamo ad avere a che fare con un techno-crooner odierno che a nostro avviso dovrebbe sganciarsi un po’ di più dai modelli ormai troppo abusati e cercare davvero la sua strada. Il rischio di suonare freddo e già sentito è sempre dietro l’angolo.

Eccovi il video di The Names, uno dei pochi pezzi solidi che starebbe insieme anche senza gingilli elettronici

A cura di Paolo Ferrari e Tum Vecchio