Da un po’ non incoraggiavo le mie tutto sommato scadenti Bose a caricarsi di buona volontà (quella sempre ottimisticamente gramsciana) muovendole a una corsa selvaggia, turbolenta e caotica fatta di progressioni e andirivieni blues, taglienti assoli, alcuni dei quali azzeccatissimi addirittura; sempre che poi la cifra dell’autore di cui ci accingiamo a dire la si voglia far risiedere qui, un luogo del simbolico in cui dire chitarra significa qualcosa di molto determinato.
Jim James, leader gaudente dei My Morning Jacket, non si ferma neanche un po’ e a pochi mesi dal precedente “Tribute To 2”, infarcito di struggenti cover, piazza “Uniform Distortion”, terzo LP da solista all’alba dell’estate che il buon Dio ci sta dando in sorte di vivere (so quello che state pensando: per caso, quella parola scomposta e francamente irripetibile ha a che fare con il Reggaeton?).
Come lui, anche noi proviamo a non starcene impalati e seguiamo le strade che ci indica: atmosfere feroci che si adattano ad alcune notti estive fanno capolino in mezzo a nubi più spesse, languide e vischiose. Il pezzo di lancio dice tutto ed esaurisce il mandato del disco: Just a fool presenta il conto di un disco a metà, costantemente bloccato, indeciso se partire o restare, e in estate scusate se è poco.
Momenti musicali “a la Neil Young” sono forse tra i migliori, vedi a proposito No Secrets, intimista ballad elettrica tra le cime del romanzo sonoro del nostro; a dispetto di chi gli ha consigliato di “fare ordine”, cioè concentrandosi sulla pulizia e bandendo la ruvidezza del suono oltre che il volo creativo, qui diciamo, senza tema di smentita: “Jim, per carità, spariglia le carte e abbandona la platea nostalgica di cinquantenni panciuti ormai fin troppo umbratili pure per il blues più oscuro”.
Un giorno qualcuno mi disse che se proprio dovevo guardarmi indietro, e quel qualcuno lo ricordo come uno dei massimi punti di riferimento della mia adolescenza, il bidello delle scuole medie che Dio me lo conservi in gloria, potevo farlo, certo, ma continuando a correre in avanti, pronto a sbattere nel caso, ma anche altrettanto consapevole che, diversamente, mi sarei ritrovato in una terra sconosciuta, forse ricca, forse brutale, ma nuova.
Perdonerete l’irruzione di Baricco e le sue dispense da scuola Holden di questo aneddoto, ma c’è del vero e Jim James, dannazione, non ha frequentato le mie scuole medie.
Alberto Scuderi

Nome e Cognome: Alberto Scuderi
Mi racconto in una frase: “Il matrimonio altro non è che quella odiosa ipoteca posta sui coglioni” Giuseppe Rovani. La frase è fortina e un conservatore come me non la condivide appieno. Tuttavia, l’avrei voluta scrivere per primo.
I miei 3 locali preferiti per vedere Musica: Paradise (Amsterdam), Ohibo (Milano), The Craftsman Jazz Club (Reggio Emilia)
Il primo disco che ho comprato: Rock is Dead (Singolo) Marilyn Manson
Il primo disco che avrei voluto comprare: Jagged Little Pill di Alanis Morisette
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso: Ciascuno ha le sue: penso che il sapone di Marsiglia sia veramente insopportabile. Per le proprie mani, per l’ambiente in cui si spande come veleno, per la società che lo produce e per tutti coloro che si ritrovano a venderlo trasversalmente al pensionato come allo studente fuori sede sfigato che non conosce lozioni altre da applicare alle proprie falangi. Ci vorrebbe una grande petizione popolare: ah, se fossimo negli anni ’70!