Sin dall’esordio di ventidue anni fa i Tre Allegri Ragazzi Morti hanno un dono: scrivono canzoni che hanno bisogno di pochi ascolti per diventare subito piccoli inni da cantare a memoria in macchina, ai concerti o sotto la doccia e questa caratteristica, meglio precisare, non intacca minimamente la profondità dei brani. Oggi, 2016, il miracolo si ripete per l’ennesima volta anche negli undici episodi di questo nuovo disco.
Novità dell’album sono la ricchezza musicale mai raggiunta precedentemente resa possibile anche da vari collaboratori agli strumenti (uno su tutti Adriano Viterbini, già Bud Spencer Blues Explosion, alle chitarre) come l’ormai raggiunta piena maturità di liriche (non tutte autografe: citiamo almeno i nipotini Maria Antonietta in “E invece niente” e Brondi in “Libera”) che continuano comunque sempre a narrare il mondo, il loro e il nostro, con occhi da eterni adolescenti.
Colpo inaspettato ma congruente al progetto è la presenza di Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, in “Persi nel telefono”, uno dei più belli ritorni alle origini mai tentati da una band e nel singolo, che invece guarda al futuro della contaminazione rubando addirittura suoni tipici colombiani, “In questa grande città (La prima cumbia)”.
Le altre sono tutte “semplicemente” belle canzoni: da “Ruggero” e il suo umore alternative anglosassone alla poesia delicata di “Ad un passo dalla luna”, dai giochi di parole del ritornello di “C’era una volta ed era bella” fino alla conclusione quasi funk di “Disponibile”.
Una grande conferma per uno dei più grandi gruppi italiani di questo decennio (forse ancora più che del precedente).
Andrea Manenti

Mi racconto in una frase:
Gran rallentatore di eventi, musicalmente onnivoro, ma con un debole per l’orchestra del maestro Mario Canello.
I miei tre locali preferiti per ascoltare musica:
Cox 18 (Milano), Hana-Bi (Marina di Ravenna), Bloom (Mezzago, MB)
Il primo disco che ho comprato:
Guns’n’Roses – Lies
Il primo disco che avrei voluto comprare:
Sonic Youth – Daydream Nation
Una cosa di me che penso sia inutile che voi sappiate ma ve la racconto lo stesso:
Ho scritto la mia prima recensione nel 1994 con una macchina da scrivere. Il disco era “Monster” dei Rem. Non l’ha mai letta nessuno.