Mustang è un film straordinario, che penetra nella pelle come un vento selvaggio. Prende il nome dai cavalli selvaggi del West, da cui le cinque bellissime protagoniste sembrano discendere e appartenere, sia per le lunghissime chiome che per la passione e la loro sete di libertà. Questa parola e il suo contrario sono la chiave di lettura dell’ultimo film di Deniz Gamze Ergüven, giovane regista turca emigrata in Francia da quindici anni. Ha scelto di mostrarci uno degli aspetti più drammatici del proprio Paese d’origine con la prigionia di un gruppo di ragazze colpevoli di essere cresciute in mezzo a tabù, in una società moderna dove si nascondono ancora le prevaricazioni culturali di una tradizione misogina in cui l’uomo può essere carnefice e padrone. La protagonista, Lale (in turco “tulipano”) è la più piccola delle sorelle che, orfane, vivono con lo zio, loro tutore e carceriere. Assisterà alla progressiva crescita di barriere morali e fisiche imposte per separarle da una realtà che potrebbe contaminare lei e le sorelle con un peccato proveniente dai costumi occidentali, rischiando di violare la loro purezza e verginità. Le cinque protagoniste vengono colpevolizzate per il difetto di essere troppo moderne, troppo intelligenti o soltanto per la colpa di essere donne. Ma il vero mostro si nasconde dentro tra le sbarre che circondano la casa che intrappola, vicina ma troppo lontana da Istanbul, terra promessa, nuovo mondo dove tutto è possibile e dove è possibile iniziare a vivere. È difficile giudicare “Mustang”, perché troppo intenso e terribile, bellissimo e poetico. Deniz Gamze Erguven è riuscita a narrare con una storia di violenza e crudeltà indicibili con le tinte della giovinezza e di una femminilità eterea che ricorda le prime opere di Sofia Coppola, in particolare “Il giardino delle vergini suicide”, e “Picnic a Hanging Rock”. Nominato agli Oscar come miglior film straniero (forse uno dei migliori in assoluto candidati quest’anno), la scorsa primavera ha abbagliato Cannes, vincendo la Quinzaine des Relizateurs. Spero in una nuova vittoria il 23 febbraio, oltre che per merito, per una maggiore visibilità, perché “Mustang” è un’opera importante e necessaria, come lo sono le sue piccole, forti e sfortunate protagoniste.

Il Demente Colombo